“In una libreria, dopo la chiusura, alcuni quadri raffiguranti
rispettivamente il Diavolo, la Morte e una prostituta prendono vita. I tre
iniziano a leggere alcuni racconti. Nel primo un uomo aiuta una donna a
sfuggire alle persecuzioni del pazzo ex marito; dopo una notte trascorsa in
hotel la donna scompare ma il personale nega di averla mai vista o avuta
ospite. Nel secondo, dopo aver perso una partita a dadi, un uomo uccide
l’amico, ma poi è perseguitato dal suo fantasma. Nel terzo una donna viene
uccisa e murata in cantina dal marito alcolizzato e geloso. Nel quarto un
ispettore di polizia indaga su un misterioso club i cui membri mettono in palio
la propria vita giocando a carte. Nell’ultimo un nobile progetta un trucco per
prendersi gioco e sbarazzarsi dello spasimante della moglie.”
Un affare misterioso probabilmente non è il primo, ma di sicuro è il
più vecchio horror a episodi giunto integro fino ai giorni nostri. La struttura
è quella classica, nel senso che è la stessa poi ripresa più volte negli anni,
in particolare in Gran Bretagna durante il periodo di “concorrenza” Hammer/Amicus,
con una cornice unica a far da sfondo ai vari mini-film. Qui i tre personaggi
della libreria, la Morte, il Diavolo, la Prostituta, hanno una valenza
simbolica. La Prostituta rappresenta la donna emancipata, quasi sempre vittima
ma non esente da colpa, un innesco dell’azione e della paura in quasi tutte le
cinque storie. Il Diavolo simboleggia la malvagità umana, la Morte la
conclusione inevitabile della somma degli altri due. Non a caso gli attori che
interpretano le tre figure sono protagonisti anche di ogni singolo episodio,
pur se i ruoli maschili, positivi e negativi, a volte si invertono. Su tutti
spicca Veidt, con il suo sguardo allucinato, reso ancor più evidente dal
trucco, ma bravi anche Schunzel (il cui demonio paffuto ricorda Bela Lugosi!) e
la Berber (che ebbe vita e carriera brevissime, consumate da droga e alcool).
Longevo fu invece il regista, Richard Oswald (nome d’arte dell’austriaco Richard
W. Ornstein) che in carriera girò oltre 100 film, di tutti i generi, il più
famoso dei quali Diversi dagli altri,
il primo della storia ad affrontare il tema dell’omosessualità, gli creò non
pochi grattacapi in Germania.
Tornando a Un affare misterioso, l’episodio più solido del lotto è indubbiamente il secondo, con l’effetto speciale del fantasma (niente più che una sovrimpressione ma Veidt ci mette molto del suo) e la vendetta finale che non lascia scampo al malvagio di turno. Il peggiore è invece l’ultimo, scritto dallo stesso Oswald, troppo leggero e sempliciotto con toni da commedia che stonano con il resto del film. Discreti il terzo, Il gatto nero, tratto dall’omonimo racconto di Edgar Allan Poe (anche se il particolare rivelatore del miagolio perde un po’ di efficacia per l’assenza del sonoro) e il quarto, Il Club dei suicidi, ispirato a un racconto di Robert Louis Stevenson. Il primo è invece il più interessante e si presta a più livelli di lettura, anche se la conclusione sbrigativa lascia un pizzico di amaro in bocca; rimane irrisolto il dubbio se la spiegazione razionale sia quella corretta o se invece sia tutto frutto della mente del protagonista. Non si può escludere la lettura metacinematografica (l’emancipazione della donna come morbo che attacca la società borghese). Notevole in ogni caso la scena pre-espressionista con Veidt sconvolto, appoggiato al fondale della stanza d’albergo vuota. Convincente l’accompagnamento musicale anche se non ci sono elementi per stabilire se sia quello originale.
Tornando a Un affare misterioso, l’episodio più solido del lotto è indubbiamente il secondo, con l’effetto speciale del fantasma (niente più che una sovrimpressione ma Veidt ci mette molto del suo) e la vendetta finale che non lascia scampo al malvagio di turno. Il peggiore è invece l’ultimo, scritto dallo stesso Oswald, troppo leggero e sempliciotto con toni da commedia che stonano con il resto del film. Discreti il terzo, Il gatto nero, tratto dall’omonimo racconto di Edgar Allan Poe (anche se il particolare rivelatore del miagolio perde un po’ di efficacia per l’assenza del sonoro) e il quarto, Il Club dei suicidi, ispirato a un racconto di Robert Louis Stevenson. Il primo è invece il più interessante e si presta a più livelli di lettura, anche se la conclusione sbrigativa lascia un pizzico di amaro in bocca; rimane irrisolto il dubbio se la spiegazione razionale sia quella corretta o se invece sia tutto frutto della mente del protagonista. Non si può escludere la lettura metacinematografica (l’emancipazione della donna come morbo che attacca la società borghese). Notevole in ogni caso la scena pre-espressionista con Veidt sconvolto, appoggiato al fondale della stanza d’albergo vuota. Convincente l’accompagnamento musicale anche se non ci sono elementi per stabilire se sia quello originale.
Divertente e godibile malgrado
sia vecchio di quasi un secolo. Merita per 4/5. Nel 1932 lo stesso Oswald ha
girato una sorta di remake-parodia, con lo stesso titolo.
Reperibilità: Per anni se ne sono perse le tracce, finché ne è stata trovata una copia poi restaurata. Attualmente
esistono due versioni DVD: una in lingua inglese con il titolo
internazionale Eerie Tales edita da
Sinister Cinema, e una tedesca reperibile anche su Youtube con didascalie in lingua
originale (non è un ostacolo in quanto, a parte il primo episodio, le trame si
intuiscono abbastanza facilmente).
Titolo: Unheimliche
Geschicten
Produzione:
Germania (1919), b/n, muto, 97 minuti
Regia: Richard Oswald
Cast: Conrad Veidt, Reinhold Schunzel, Anita Berber
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