“Hilde Warren è una famosa attrice piena di voglia di vivere. Un
giorno, al termine delle prove di un dramma, riceve la visita della Morte in
persona che la invita a seguirla, offrendole in cambio la pace. Hilde rifiuta
con orrore, fuggendo. Dopo aver rifiutato le avances del proprio agente, la
donna si innamora di Hector, un giovane aristocratico che nasconde un’attività
da malavitoso. La vita di Hilde si farà sempre più dura e la Morte avrà modo di
ripetere più volte il suo invito, finché..”
Prima di passare dietro alla
macchina da presa ed entrare nell’Olimpo dei più grandi registi di ogni tempo,
Fritz Lang iniziò la sua carriera nel mondo del cinema come sceneggiatore. Due
dei suoi primi copioni, uno dei quali era Hilde
Warren und der Tod, furono acquistati da Joe May, all’anagrafe Joseph Otto
Mandel (prese il “cognome d’arte” dalla moglie, l’attice/cantante Mia May,
alias Hermine Pfleger, tra l’altro protagonista del film di cui stiamo
parlando). May ebbe una carriera piuttosto lunga, con tanto di trasferimento
negli Stati Uniti dopo l’avvento del nazismo in Germania, che si concluse poco
prima della chiusura del Secondo Conflitto Mondiale, senza mai raggiungere i
fasti del collega Lang.
Non a caso la regia di “Hilde Warren” non rende pienamente giustizia alla sceneggiatura che tinteggia un dramma fortemente simbolico, in qualche modo anticipatore di “Destino”, film diretto dallo stesso Lang qualche anno dopo che rappresentava in modo simile la Morte. Qui abbiamo una visione quasi genetica del male (incarnato da Hector e dal figlio) , che è al contempo una denuncia sociale e una piaga ineluttabile a cui è impossibile sottrarsi. Una volta venuto a contatto con questo morbo, il personaggio di Hilde da donna forte e consapevole si tramuta in vittima: un destino tragico e inesorabile che non è possibile espiare e a cui non ci si può sottrarre in vita. L’unica soluzione, quasi consolatoria, è cedere alla Morte, qui superbamente interpretata in versione androgina da Georg John. Molto brava anche Mia May nei panni della sfortunata protagonista.
Non a caso la regia di “Hilde Warren” non rende pienamente giustizia alla sceneggiatura che tinteggia un dramma fortemente simbolico, in qualche modo anticipatore di “Destino”, film diretto dallo stesso Lang qualche anno dopo che rappresentava in modo simile la Morte. Qui abbiamo una visione quasi genetica del male (incarnato da Hector e dal figlio) , che è al contempo una denuncia sociale e una piaga ineluttabile a cui è impossibile sottrarsi. Una volta venuto a contatto con questo morbo, il personaggio di Hilde da donna forte e consapevole si tramuta in vittima: un destino tragico e inesorabile che non è possibile espiare e a cui non ci si può sottrarre in vita. L’unica soluzione, quasi consolatoria, è cedere alla Morte, qui superbamente interpretata in versione androgina da Georg John. Molto brava anche Mia May nei panni della sfortunata protagonista.
In conclusione, non un vero
horror, ma una storia nerissima di perdizione che termina con uno splendido finale di
taglio espressionista.
Reperibilità: Su Youtube è reperibile in versione “ridotta” di
circa 40 minuti, senza didascalie e in pessima qualità video. Recentemente ne è
stata fatta una versione restaurata (proiettata anche da noi allo Spazio
Oberdan di Milano), ma al momento non risulta in commercio.
Titolo: Hilde Warren und der Tod
Produzione: Germania (1917), b/n, muto, 68 minuti (versione
restaurata)
Regia: Joe May
Cast: Mia May, Bruno Kastner, Georg
John, Hans Mierendorff
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