martedì 28 luglio 2015

La Peste a Firenze (1919)



“Firenze, XV secolo. La bella Julia porta scompiglio tra il clero e la nobiltà della città, causando addirittura sommosse civili tra padre e figlio e rovesciamenti al potere. Al suo fascino cede anche il monaco eremita Medardus, che arriva ad abbandonare la propria fede e ad uccidere pur di coronare la sua brama d’amore, divenendo il nuovo Signore di una Firenze ormai in balia di un’incontenibile corruzione morale e prossima alla minaccia della peste.”


Altra sceneggiatura per l’ancora giovane Fritz Lang, questa volta ispirata liberamente al racconto di Edgar Allan Poe, “La maschera della Morte Rossa”. In realtà solo gli ultimi 2 capitoli, dei 7 in cui il film è diviso, si rifanno indirettamente all’opera dello scrittore originario di Boston. In quelli immediatamente precedenti Lang mette in scena una ricostruzione storica in terra toscana che, in chiave allegorica, critica la società del suo tempo e il decadimento dei valori etici. La corruzione e il peccato sono rappresentati dalla lasciva Julia che con la sua bellezza avvelena il cuore degli uomini, disposti a sacrificare qualunque cosa pur di ottenere i suoi favori.
Non vi resiste neppure Medardus, presentato inizialmente come integerrimo moralista, che pure conduce la ragazza in una breve visita all’Inferno (in una sequenza del capitolo 5 che ricorda da vicino il nostrano L’inferno del 1911) per cercare di condurla sulla retta via. L’esperimento fallisce e la tentazione del monaco si fa sempre più incontrollabile fino a costringerlo ad abbandonarsi del tutto al male, a diventare un assassino, scelta che culmina in due scene di grande impatto: l’abbattimento di una croce a colpi d’ascia e il bacio tra i due amanti accanto al corpo esanime di Lorenzo, il precedente compagno di Julia. Solo l’intervento della Peste, rappresentata da un’eterea figura femminile vestita di stracci che ha il volto, qui terribile, dell’attrice Julietta Brandt, fa poi rinsavire Medardus che cerca di riscattare i suoi peccati prestando assistenza a tutti gli ammalati che incontra nella campagna fuori città. E’ interessante anche notare come l’epidemia sia presentata come una reazione della Natura stessa alla corruzione morale dei fiorentini, un orrendo sacrificio necessario a ripristinare l’equilibrio nell’ordine delle cose. Coerente con il pensiero di Lang (accadeva già in HildeWarren e la Morte) è l’idea che l’unica possibile espiazione al male sia la morte; lo intuisce alla fine anche Medardus, che accetta volontariamente di compiere il proprio destino. Il regista Otto Rippert, uno dei pionieri del cinema muto tedesco che già aveva lavorato con Lang nel serial Homunculus, conclude così la sua opera più famosa, pellicola difficile, dai contenuti forti, a tratti quasi blasfemi, formalmente ben curata a livello visivo, per merito anche delle scenografie e di un cast piuttosto numeroso. Gli amanti dell’horror puro troveranno però d’interesse solo gli ultimi 3 capitoli.

Reperibilità: Piuttosto raro sebbene sia stato restaurato nel 2000. Non risultano al momento edizioni DVD.

Titolo: Die Pest in Florenz
Produzione: Germania (1919), b/n, muto, 92 minuti
Regia: Otto Rippert
Cast: Theodor Becker, Marga Kierska, Otto Manstadt, Anders Wikmann, Julietta Brandt


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