“Il giovane agente immobiliare Hutter viene
inviato in Transilvania per un concludere una compravendita con il misterioso
Conte Orlok, intenzionato a prendere casa nella piccola cittadina di Wisborg. Giunto
sul posto, Hutter viene a conoscenza delle superstizioni che aleggiano intorno
al castello del Conte e che riguardano in particolare Nosferatu, un vampiro che
si nutre di sangue umano”.
Abbiamo già
parlato di quanto la sfortuna si sia abbattuta sull’eredità cinematografica di
Murnau. La sorte però, tra gli altri, ha risparmiato Nosferatu, un capolavoro assoluto del cinema e (ovviamente) un
pilastro fondamentale nella storia del genere horror. E’ noto infatti come un
tribunale ordinò la distruzione di tutte le copie esistenti del film,
illegalmente tratto dal Dracula di
Bram Stoker. Non bastò a Murnau cambiare titolo, modificare nomi dei personaggi
e dei luoghi e apportare qualche piccola sostanziale modifica al finale, per
evitare la condanna di plagio per violazione dei diritti d’autore. Lo stesso
regista riuscì però a sottrarre al rogo un’unica copia che ne evitò l’oblio, permettendone
la sopravvivenza sino ai giorni nostri. Sul sottotesto dell’opera e le sue
possibili interpretazioni si sono scomodate psicologia e sociologia, riempiendo
pagine di tesi e saggi; non è questa la sede per approfondire queste
elucubrazioni, né ci sarebbe lo spazio per farlo. Mi interessa invece, porre
l’attenzione sul conflitto luce-oscurità che qui si risolve non tanto nella
contrapposizione tra Bene e Male, come nel romanzo di Stoker, quanto nel
passaggio in una dimensione buia, terribile, ma anche irresistibile e
inaspettatamente seducente. Basti pensare alle pulsioni voluttuose di Ellen che
subisce il “fascino” di Orlok, ancor prima di incontrarlo, quando ancora egli si
trova sui Carpazi. L’unica possibilità di salvezza è il sacrificio, consistente
nell’abbandonarsi proprio all’oscurità, cedere al non-morto per far sì che
venga distrutto dalla luce del sole. E qui si chiude il cerchio.
Murnau è bravissimo
a ricreare su pellicola questo conflitto attraverso scene stampate in negativo,
alternarsi di giorno e notte, soffermandosi su paesaggi crepuscolari e creando
un’atmosfera onirica, sempre più da incubo man mano che la storia procede verso
la sua conclusione. Fondamentale si rivela anche il gioco di ombre, nella
celeberrima sequenza, fonte imperitura di imitazioni e parodie, della
minacciosa intrusione del vampiro nella casa di Hutter; sequenza che si
conclude con la proiezione della mano di Orlok sul petto di Ellen in un afflato
quasi erotico. Il vero assoluto protagonista è proprio lui, Nosferatu, divenuto
in brevissimo tempo un’icona, un mito acquisito dalla cultura popolare e
dall’immaginario collettivo. Le orecchie a punta a contorno di una testa spigolosa,
quasi da topo, gli incisivi ultra sviluppati (non i canini come nella classica
tradizione vampirica), la postura ingessata, quasi goffa potrebbero forse
strappare un sorriso. Ma quelle mani artigliate, lo sguardo allucinato,
ipnotico, l’andatura “levitante” (un espediente tanto semplice, quanto
efficace, usato ancora oggi), la sua ombra, rimangono inquietanti anche per lo
spettatore moderno. La scena in cui Orlok è chino sul collo di Ellen è poi
autenticamente terrorizzante. Dietro il trucco del Nosferatu c’era il
caratterista, noto soprattutto come autore di teatro, Max Schreck, il cui nome,
probabilmente non a caso, è letteralmente traducibile con “spavento” e che
leggenda vorrebbe essere addirittura un vero vampiro; leggenda che ha ispirato
anche un film del 2000, L’ombra del
Vampiro di Elias Merhige con John Malkovich e Willem Dafoe. I personaggi
interpretati dagli altri attori finiscono con il rimanere in secondo piano,
funzionali alla storia, ma quasi tutti succubi del magnetismo del Conte. La
figura di Van Helsing/Bulwer è infatti nettamente ridimensionata rispetto al
romanzo e a tutte le successive incarnazioni cinematografiche di Dracula, ma per
come lo sceneggiatore Henrik Galeen ha orchestrato la trama, affidando l’onere
suicida di uccidere il vampiro alla compagna di Hutter, non se ne sente la mancanza.
La regia di Murnau è innovativa, virtuosistica, con soluzioni originali come ad
esempio le sequenze “accelerate” e una cura eccezionale, tanto nelle riprese in
interno quanto in esterna, in particolare nel creare l’atmosfera del castello
di Orlok, non maestoso come in successive produzioni ma anzi desolatamente spettrale. Capolavoro
senza tempo.
Reperibilità: C’è l’imbarazzo
della scelta, anche a prezzi modici. L’offerta più completa è quella
dell’inglese Eureka: blue-ray o doppio DVD, ma è senza sottotitoli in italiano;
se non ne potete fare a meno potete ripiegare sull’edizione Ermitage.
Titolo: Nosferatu
eine Symphonie des Grauens
Produzione: Germania (1922), b/n, muto, 94 minuti
Regia: F.W. Murnau
Produzione: Germania (1922), b/n, muto, 94 minuti
Regia: F.W. Murnau
Cast: Max Schreck, Gustav Von Wangenheim, Greta
Schroder, Alexander Granach
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