lunedì 31 agosto 2015

Il Dottor Jekyll & Mr. Hyde (Robertson,1920)

 
“Il dottor Jekyll, integerrimo scienziato e stimato filantropo, viene spronato dall’amico Sir Carew a godersi la vita e a cedere alle tentazioni, unico modo, a suo dire, di appagare i bassi istinti della natura umana legati indissolubilmente ai sentimenti positivi. Ossessionato invece dall’idea di poter scindere il Bene dal Male, Jekyll inventa un siero in grado di trasformarlo a suo piacimento in Mr. Hyde, uomo turpe e ripugnante, dedito a ogni sorta di vizio.”

Avevamo già avuto modo di ricordare (qui) come il celeberrimo romanzo di Stevenson fosse stato trasposto parecchie volte già nei primi anni di vita dell’industria cinematografica statunitense. Una tendenza che evidentemente rimase in vita anche nel decennio successivo: nel solo 1920 furono 3 le trasposizioni di cui una, La testa di Giano, prodotta in verità in Europa per la regia di F.W. Murnau e oggi purtroppo perduta (se non per una manciata di fotogrammi), mentre un’altra è un mediometraggio, firmato da Charles Haydon, considerato una sorta di risposta low budget al film che stiamo per esaminare. Distribuito dalla Paramount, il Dr. Jekyll & Mr. Hyde arriva nelle sale americane a marzo portando in dote una sceneggiatura interessante, frutto di un fortunato ibrido tra il romanzo e l’omonima opera teatrale di Thomas Russell Sullivan, e un grande protagonista come John Barrymore, membro di una delle famiglie di attori più importanti e longeve di Hollywood (Drew Barrymore è sua nipote). La trama, indugiando poco o nulla sul versante scientifico e dando ampio spazio anche ai comprimari, insiste soprattutto sul dilemma morale, superando la mera antitesi Bene-Male e avvicinandosi in qualche modo al Dorian Gray di Wilde, anche per le sottintese implicazioni sessuali; non a caso l’ascendente dei discorsi di Sir George Carew su Jekyll ricorda quello esercitato da Lord Henry Wotton su Dorian. A imbruttire ovviamente qui non è un quadro, ma una persona e in questo cambiamento si rivela tutta l’abilità di Barrymore. La prima trasmutazione è infatti quasi tutta farina della sua mimica facciale, a parte un minimo utilizzo di make up e senza effetti speciali. Il suo Mister Hyde, sempre più spaventoso ad ogni apparizione successiva, si allontana dalla figura dall’aspetto animalesco, quasi scimmiesco, e senza controllo delle pellicole precedenti e (in buona parte) successive per dar vita a un personaggio turpe, ributtante, lascivo, subdolo e capace di esplosioni di violenza incontenibili e immotivate (l’aggressione al bambino). In tal senso si può forse definire il miglior Hyde di sempre. Valida comunque anche la prova degli altri attori, con una recitazione che comincia a smarcarsi dalla matrice teatrale e prendere consapevolezza del mezzo cinematografico. Il ritmo piuttosto brioso per gli standard dell’epoca rende la visione abbastanza piacevole anche agli spettatori odierni. Solida e attenta ai particolari la regia di Robertson. Tra le scene più inquietanti, menzione d’onore per l’allucinazione di Jekyll che vede un gigantesco ragno con il volto di Hyde salire sul letto nel quale giace impotente. Eccezionale.

Reperibilità: Ottima. Esiste anche una versione con sottotitoli italiani edita dalla DCult.

Titolo: Dr. Jekyll and Mr. Hyde
Produzione: USA (1920), b/n, muto, 82 minuti
Regia: John S. Robertson
Cast: John Barrymore, Brandon Hurst, Martha Mansfield, Charles Lane


sabato 29 agosto 2015

Genuine (1920)



“Il pittore Percy si addormenta leggendo una delle sue storie preferite: la sacerdotessa Genuine viene comprata al mercato degli schiavi di un imprecisato paese esotico da un ricco anziano che, portatala in Germania, la tiene rinchiusa e segregata in un edificio impedendole di avere contatti con il mondo esterno. La donna è infatti in possesso di un potere in grado di soggiogare la volontà degli uomini che si innamorano di lei. Un giorno, però, Genuine riesce a lasciare temporaneamente la sua prigione e ne approfitta per mettere in pratica la sua vendetta”.


Pochi mesi dopo aver girato il suo incommensurabile capolavoro, Il Gabinetto del Dottor Caligari, Robert Wiene realizza Genuine, altra pellicola dai temi horror e dall’estetica espressionista, ottenendo però un imprevisto insuccesso commerciale. Dare oggi un giudizio sul film appare alquanto complicato, in quanto l’unica copia di pubblico dominio è frutto di un restauro compiuto dal FilmMuseum di Monaco di Baviera che ce lo propone in una versione condensata di una quarantina di minuti (circa la metà della durata originaria).
Di sicuro anche qui, come nel Caligari, è presente una cornice che presumibilmente aveva un’appendice finale di cui non è rimasta traccia e che consegna il racconto ai territori del sogno o meglio dell’incubo. Altro elemento in comune sono le scenografie, anche se qui si fanno apprezzare più negli interni, con i fondali dipinti a mano e le (ormai) consuete forme geometriche esasperate unitamente ad alcuni elementi d’arredo naif e accattivanti tra cui vale la pena ricordare un orologio montato sopra uno scheletro umano! Alla stessa fonte d’ispirazione espressionista si rifanno i costumi disegnati dal pittore Cesar Klein, in particolare quelli indossati da Genuine, di fattezza davvero originale. Malgrado l’atmosfera onirica, quel che ci rimane del film, oltre a dover scontare un soggetto molto più convenzionale rispetto al Caligari, soffre anche di una certa staticità e di una recitazione discreta ma non esaltante, che probabilmente furono alcune delle cause che ne decretarono il flop al botteghino. Interessante, comunque, la parabola del cambiamento del personaggio di Genuine: da languida prigioniera a femme fatale, sadica e spietata nell’appagare la sua sete di vendetta.
Visione consigliata per ragioni puramente estetiche.
Curiosità: il film è noto a livello internazionale anche con il sottotitolo “A tale of a vampire”. In realtà la protagonista non è affatto una succhiasangue, ma è presentata come la sacerdotessa di uno strano culto. Quello che l’accomuna alle vampire è il suo misterioso potere consistente nell’ esercitare un fortissimo ascendente sul sesso maschile, tanto da annichilirne la volontà.

Reperibilità: In DVD è reperibile come extra, senza i cartelli ogininali, nell’edizione Kino Video de “Il gabinetto del dottor Caligari” (che è anche quella considerata migliore per il suddetto film, per cui 1 titolo e ½ al prezzo di uno non è affatto male). E’ visionabile su Youtube.

Titolo: Genuine
Produzione: Germania (1920), b/n, muto, 88 minuti in origine (44 minuti in edizione DVD)
Regia: Robert Wiene
Cast: Fern Andra, Hans Heinrich Von Twardowski, Harald Paulsen, Ernst Gronau



Altri film di Robert Wiene:
-Il gabinetto del Dottor Caligari
-Fear

mercoledì 26 agosto 2015

Il Gabinetto del Dottor Caligari (1920)



“Francis narra a un uomo la storia del Dottor Caligari, un sinistro imbonitore che anni prima si recò con il suo carrozzone alla fiera della cittadina di Holstenwall per presentare la sua attrazione: Cesare, un sonnambulo in grado, a suo dire, di predire il futuro. Proprio un amico di Francis, Alan, fu il primo a sperimentare la capacità di vaticinio di Cesare: una sentenza di morte che puntualmente verificatasi, divenne il primo di una serie di fatti di sangue che tormentarono il piccolo borgo.”

Manifesto e capolavoro assoluto del cinema espressionista tedesco. Un giudizio incontestabile che descrive esattamente cos’è Il Gabinetto del Dottor Caligari. Che è anche il vero progenitore del genere horror, con buona pace delle produzioni precedenti, in quanto tale di importanza seminale nell’aver influenzato, con immagini, temi e personaggi, prima i contemporanei registi d’oltreoceano, quali Browning o Whale (che pure sapranno scrivere pagine importanti nella storia del genere), e poi anche le generazioni successive (un nome su tutti: Tim Burton). E’ film incredibilmente moderno per i tempi, un precursore, capace di stupire in tal senso sia attraverso l’uso del flashback (nel flashback), sia nel sorprendente finale capace di ribaltare le premesse e la prospettiva dello spettatore.
Al di là dell’ottima sceneggiatura firmata dalla coppia Janowitz-Mayer (ma ritoccata dal produttore Erich Pommer con l’inserimento della cornice ambientata in manicomio), quello che stupisce più di tutto è l’estetica della pellicola. In primis la scenografia, fatta di pindarici fondali dipinti a mano dai pittori Warm, Rohrig e Reimann che disegnano ombre, oggetti deformati, stradine sinuose e li assemblano, con audace assenza di prospettiva, in un’improbabile disegno geometrico totalmente folle, distorto, minaccioso, claustrofobico. Fondamentale poi il pesante trucco degli attori, partendo da Conrad Veidt nell’indimenticabile ruolo di Cesare, uno zombie mostro-vittima antesignano del Frankenstein cinematografico, per arrivare all’eccellente Werner Krauss, che tra costume, make up e recitazione sopra le righe, ci regala un Caligari diabolico e spaventoso. Completano l’opera montaggio, inquadrature e sovrimpressioni che, facendo propria e anzi affinando la lezione di Melies, precipitano lo spettatore in un mondo irreale, senza speranza, un incubo simbolo della pazzia del protagonista e probabile metafora sociologica dell’epoca.
In 3 parole: innovativo, avanguardista, imprescindibile.
Curiosità: Il film avrebbe dovuto essere diretto da Fritz Lang che, in altre faccende affaccendato, preferì passare il comando delle operazioni a Wiene che si trovo così, per caso, tra le mani, il film che lo avrebbe consegnato alla Storia.

Reperibilità: Ottima per le edizioni DVD estere. L’unica nostrana a offrire i sottotitoli italiani dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) essere quella della Ermitage, ormai fuori catalogo.

Titolo: Das Kabinett des Doktor Caligari
Produzione: Germania (1920), b/n, muto, 71 minuti
Regia: Robert Wiene
Cast: Conrad Veidt, Werner Krauss, Friedrich Feher, Lil Dagover