Il demone Mefisto scommette con l’Arcangelo
Gabriele di riuscire a corrompere l’anima del dottor Faust, un vecchio
alchimista, per rivelare la vera natura dell’uomo; in cambio otterrà il dominio
sulla Terra. Mefisto scatena un’epidemia di peste nel villaggio di Faust, che
accetta, in prova, il patto con il diavolo, dapprima con l’intento di debellare
la malattia e poi per la tentazione della giovinezza e dei piaceri che questa
porta con sé, che l’alchimista non ha mai provato. Faust finisce così per cedere
definitivamente la sua anima a Mefisto, ma il suo amore per la bella e giovane
Gretchen complicherà le cose.
Il mito del Faust affonda le sue origini nel
XVI secolo. Una leggenda tedesca narra di uno studioso di scienze naturali (che
pare essere storicamente esistito), che strinse un patto con il Maligno,
cedendogli l’anima in cambio della possibilità di arricchire la sua
inarrestabile sete di conoscenza. La storia parte da un libro scritto, con
chiari intenti moralizzanti, da Johann Spies, a fine ‘500, viaggia poi, tra
racconti, romanzi e rappresentazioni teatrali, lungo tutta l’Europa,
arricchendosi di numerose varianti. Ce ne parla tra i primi il drammaturgo inglese
Christopher Marlowe, ma è con J.W.Goethe che la leggenda raggiunge la sua più
grande popolarità, grazie alla
dimensione romantica in cui la immerge lo scrittore tedesco, che, per la prima
volta, ne crea una versione a lieto fine. Un mito di tale importanza, sul cui
sfondo si staglia l’eterna lotta tra il Bene e il Male, non poteva ovviamente
restare indifferente al mondo del cinema: ci pensò già “papà” Méliès nel 1903 a
cui seguirono, negli anni successivi, alcuni cortometraggi omonimi. Debiti
evidenti se ne rintracciano, poi, nelle 2 versioni dello Studente di Praga di cui abbiamo già parlato. E’ però Murnau a
realizzarne nel 1926 una versione, per così dire, “definitiva”.
Il Faust fu, tra l’altro, l’ultimo film che
Murnau girò nella sua terra natale, prima di trasferirsi a Hollywood. Quello
che impressiona maggiormente della sua trasposizione, al di là delle evidenti
implicazioni socio-morali, in qualche modo anticipatorie del futuro avvento del
Nazismo, è lo stupefacente e massiccio utilizzo di effetti speciali, che il
cineasta tedesco dimostra di saper padroneggiare con la consueta maestria. In
particolare è la prima parte della pellicola a lasciare a bocca aperta,
dall’avvento dei quattro Cavalieri dell’Apocalisse fino alla figura nera e gigantesca di Mefisto che domina
minacciosa, dispiegando le sue ali nere sul piccolo villaggio, prima di
scatenarvi l’epidemia pestilenziale; ma anche il resto del film non si
risparmia, tra continue innovazioni e sperimentazioni, impreziosite dalla straordinaria
fotografia di Carl Hoffman (che sostituì il designato Karl Freund), sino allo
struggente ed epico finale, che rimanda da vicino a quello della Passione di Giovanna d’Arco che C.T.
Dreyer girerà pochi anni dopo. Impressionanti i giochi di luce e ombra che
simboleggiano anche lo scontro tra Spirito e Materia, Bene e Male, Amore (che
tutto vince) e Morte. Come sempre ottime le scenografie anche se qui
l’espressionismo è ormai diluito e virato prepotentemente al realismo. Vero
mattatore è Mefisto, interpretato da un gigioneggiante Emil Jannings, divenuto
all’epoca attore “feticcio” di Murnau; il demone mette davvero lo zampino in
ogni cosa, tentando, spaventando e uccidendo, ma all’occorrenza anche
divertendo, con alcuni siparietti che stemperano la crudezza della seconda
parte della vicenda. Quest’ultima si svolge, in inverno, sotto la neve che cade
incessante e vede la povera Gretchen (a cui presta il volto la bellissima e
brava Camilla Horn), ormai abbandonata da tutti e costretta a vivere, da
reietta, all’addiaccio, perdere il proprio figlio, nato dal tragico rapporto
con Faust, a causa della morsa del gelo; inoltre, al culmine di una spirale di
crudeltà umana che non ha eguali forse neppure nel Diavolo, viene pure accusata
e condannata a morte per infanticidio.
Un’opera
maestosa, sconvolgente ma anche commovente, tra le migliori tra quelle
(purtroppo poche) sopravvissute della cinematografia di Murnau.
Reperibilità: Più che buona.
Esistono svariate edizioni in DVD/Blue Ray, non ultima una deluxe a doppio
disco della Kino, a prezzo accessibile. In rete si trova anche una versione con
didascalie in italiano, ma non mi pare sia attualmente in commercio. E’
liberamente visionabile su Youtube
Titolo: Faust- Eine deutsche Volssage
Produzione:
Germania (1926), b/n, muto, 116 minuti
Regia:
F.W. Murnau
Cast:
Emil Jannings, Gosta Ekman,
Camilla Horn, Frida Richard
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