mercoledì 27 aprile 2016

Il Mago (1926)


La scultrice Margaret Dauncey si infortuna gravemente a seguito del crollo di una statua a cui stava lavorando. Un brillante intervento chirurgico, eseguito dal Dr. Arthur Burdon, di cui la giovane finisce poi per innamorarsi, la salva dalla paralisi. All’operazione assistono alcuni medici e studenti, tra cui l’ambiguo Oliver Haddo, mago e ipnotista, che è alla ricerca di una formula alchemica per creare la vita umana in laboratorio. L’esperimento richiede il cuore di una vergine bionda con gli occhi azzurri e verdi, proprio come Margareth..

Dopo i successi ottenuti in patria, sia come regista che come attore, con Lo Studente di Praga prima e con la trilogia del Golem poi, per Paul Wegener arrivò la chiamata dall’altra parte dell’oceano. Il regista Rex Ingram, anch’egli sulla cresta dell’onda dopo il trionfo di film quali I Quattro Cavalieri dell’Apocalisse (che lanciò Rodolfo Valentino) e Il Prigioniero di Zenda, lo volle infatti come protagonista di The Magician, trasposizione di un omonimo romanzo, scritto quasi vent’anni prima, da William Somerset Maughan. La pellicola, purtroppo, non riscosse presso il pubblico la stessa fortuna delle precedenti opere dei due e la parentesi americana di Wegener si concluse così piuttosto in fretta. 

Non è facile individuare quali siano stati i motivi di questo mezzo flop. Di sicuro è possibile rilevare dei problemi di script: vengono mescolati troppi registri di generi diversi, dall’horror al dramma sentimentale, con qualche spruzzatina di comicità di cui non si sentiva davvero la necessità. Inoltre nella prima parte la vicenda procede troppo lentamente, senza imboccare una direzione precisa (c’è pure un’improbabile trasferta a Montecarlo!) e l’unico sussulto degno di attenzione, peraltro notevole, è lo scorcio di inferno che Haddo mostra a Margaret sotto ipnosi. I tentennamenti iniziali vengono dissipati dal gran finale, venti minuti circa che virano decisi verso il gotico e valgono da soli quasi tutto il film. Ingram mette in scena il prototipo dell’armamentario, che diverrà classico, del “mad doctor”, a partire da Frankenstein. Non manca davvero nulla: il castello abbandonato, il laboratorio isolato e polveroso, pieno di alambicchi fumanti, il servitore deforme, i fulmini che imperversano nella notte buia e tempestosa, l’esperimento immorale, la fanciulla da salvare (interpretata da Alice Terry, moglie del regista). E dulcis in fundo, il fuoco purificatore, con tanto di esplosione finale. Wegener porta in dote la sua recitazione di stampo espressionista, fatta di sguardi spiritati e accentuata mimica facciale, parecchio distante da quella dei suoi colleghi di cast ma perfettamente in linea con il suo personaggio, più scienziato pazzo che mago, che l’autore del romanzo da cui è tratto il film aveva modellato sulla figura di Aleister Crowley.
Benché non esente da difetti, gli va riconosciuta un’importanza seminale. Il finale merita a prescindere.

Reperibilità: Discreta. L’unica versione DVD in commercio è quella americana, edita da Warner Bros e recentemente restaurata. Il film è liberamente visionabile su Youtube.
Titolo: The Magician
Produzione: USA (1926), b/n, muto, 83 minuti
Regia: Rex Ingram
Cast: Paul Wegener, Alice Terry, Ivan Petrovich, Firmin Gémier
 


martedì 26 aprile 2016

The Bells (1926)



Mathias è un albergatore che aspira a diventare borgomastro di un piccolo villaggio. Per raggiungere l’obiettivo non esita a offrire cibo e bevande ai suoi avventori abituali, ma al contempo è in costante debito con Frantz,un uomo che gli ha prestato una grossa somma di denaro. Frantz propone a Mathias di dargli in sposa la figlia in cambio dell’estinzione del prestito, ma al rifiuto di questi minaccia di richiedere subito tutta la cifra. La sera di Natale, un mercante polacco di passaggio mostra a Mathias, che gli aveva dato ospitalità, una cintura d’oro massiccio; l’albergatore, sull’orlo della disperazione, cade in tentazione e uccide l’uomo per derubarlo. I suoi problemi economici sembrano risolti, ma da allora comincia ad essere tormentato da allucinazioni e sensi di colpa.


Il film è la trasposizione dell’omonimo dramma in tre atti di Leopold Lewis, replicato più volte a Londra con grande successo a partire dal 1871, e che era a sua volta l’adattamento in lingua inglese dell’opera Le Juif Polonais scritta dal francese Camille Erlanger. La pellicola, dunque, non ha alcun debito diretto nei confronti di Edgar Allan Poe, come invece le è stato attribuito  tempo dopo, in sede di promozione della prima edizione DVD. Elementi ispirati o che quantomeno ricordano i racconti dello scrittore di Boston, invero, sono presenti, a partire dai sensi di colpa del protagonista, fino al personaggio dell’esperto di mesmerismo interpretato dal grande Boris Karloff. A proposito di Karloff, doveroso ricordare che questo rappresenta il primo lungometraggio horror in cui compare, almeno tra quelli conservatisi integri fino ai giorni nostri. 

Qui ha una parte apparentemente secondaria ma, in realtà, molto importante nello scatenare le paure che affliggono il tormentato Mathias. Il suo ipnotista è personaggio sopra le righe, ambiguo al punto giusto e truccato alla maniera espressionista, che lascia il segno; evidente la strizzata d’occhio al Caligari, considerato anche il contesto fieristico in cui si presenta la prima volta. Il regista James Young, giunto quasi al termine della sua carriera artistica che terminerà un paio d’anni più tardi, non era invece avvezzo al genere. Eppure ci sono delle sequenze di tensione molto valide, in particolare quella in cui Mathias, armato d’ascia, si avventa sul malcapitato polacco, con il tocco di classe delle gocce di sangue sulla neve; da ricordare anche quella della partita a carte col fantasma, che si avvale dell’ormai collaudata tecnica della doppia esposizione, di cui Young abusa, soprattutto nella seconda parte. E’ un peccato che il finale deluda ampiamente le aspettative, in maniera non comprensibile, regalando una sorta di redenzione al protagonista (un convincente Lionel Barrymore, fratello di quel John che, pochi anni prima, aveva sbalordito con la sua interpretazione di Jekyll & Hyde di cui abbiamo già parlato).

Curiosità: The Bells aveva già avuto in precedenza due adattamenti, nel 1911 e nel 1918. Una quarta versione, oggi perduta, fu girata con l’avvento del sonoro nel 1931.


Reperibilità: Discreta. E' liberamente visionabile su Youtube. Il film è inedito in Italia e in DVD non è facilmente reperibile, anche se sul mercato esistono un paio di edizioni.


Titolo: The Bells

Produzione: USA (1926), b/n, muto, 68 minuti

Regia: James Young

Cast: Lionel Barrymore, Boris Karloff, Gustav von Seyffertitz, Caroline Frances Cooke


lunedì 18 aprile 2016

The Bat (1926)



Il Pipistrello, un temibile criminale così soprannominato per via della maschera che indossa, è solito annunciare in anticipo i suoi colpi, sfidando apertamente la polizia. La sua ultima impresa lo porta in un’isolata villa di campagna alla ricerca di un bottino di duecentomila dollari, frutto di un misterioso furto alla Banca Fleming. Anche altre persone, però, sono interessate a mettere le mani su quei soldi, ma il Pipistrello è pronto a tutto pur di precederli. Anche a uccidere.

Secondo capitolo della saga dedicata alle “old dark house”, inaugurata un anno prima dallo stesso regista, Roland West, con The Monster. Rispetto al primo film, la componente comica è molto meno presente, a vantaggio invece della controparte giallo-mistery, a cui si accompagnano i (pochissimi invero) elementi horror. La trama è in pratica la trasposizione di un omonimo dramma teatrale, scritto nel 1920 da Mary Roberts Rinehart e Avery Hopwood, che riscosse un grande successo a New York, venendo replicato più volte, negli anni successivi, anche a Broadway. Gli intermezzi comedy vedono protagonista, per lo più, la cameriera Lizzie Allen (Louise Fazenda), già preoccupata dalla sinistra reputazione della magione di cui è ospite e atterrita dagli strani avvenimenti che vi accadono, in particolare dalla possibile presenza del temibile Pipistrello. A quest’ultimo, il cui costume visto oggi fa sorridere, fanno capo principalmente gli aspetti orrorifici, che il regista, soprattutto nella prima parte, decide di rappresentare con immagini di particolare effetto, di stile simil-espressionista, non nascondendo, ma anzi accentuando l’artificiosità di fondali e scenografie. Il risultato, per certi versi, ricorda quasi un cartone animato.  La componente gialla ruota, invece, intorno al personaggio di Cornelia Van Gorder (Emily Fitzroy), una sorta di antenata della Signora in Giallo, antesignana delle anziane detective terribili alla Miss Marple (la vicenda, tra l’altro, ha qualche vaga somiglianza, nella forma, con i Dieci Piccoli Indiani di Agatha Christie, che vedrà la luce oltre un decennio dopo). Il film soffre (ma trattasi di un limite tecnico all’epoca non ancora superato) della mancanza del sonoro, perché la trama è parecchio intricata e vede la presenza di moltissimi personaggi, per cui le didascalie si rivelano insufficienti a gestire l’elevato numero di dialoghi che sarebbero stati invece necessari. La regia è altalenante; ci sono buone cose, come le immagini a cui abbiamo accennato sopra e alcune scene che funzionano bene anche a livello di tensione, come quella dell’incontro ravvicinato tra il Pipistrello e la nipote della Van Gorder. In altre circostanze soffre, invece, di mancanza di personalità: evidenti sono i debiti con Les Vampires di Feuillade (mitico serial di cui parlammo qui), con alcune sequenze riprodotte quasi di peso. La sorprendente importanza seminale della pellicola sta, però, nell’avere ispirato, in parte, Bob Kane per la creazione del personaggio a fumetti di Batman! In una scena si può addirittura ammirare il precursore del Batsegnale!
In conclusione, un film imperfetto ma ricco di spunti interessanti.
Curiosità: Il terzo capitolo della saga, The Bat Whispers, è in realtà il remake sonoro di The Bat. Un ulteriore remake, Il Mostro che uccide, verrà girato nel 1959 da Crane Wilbur.

Reperibilità: Discreta. E’ liberamente visionabile su Youtube. Per eventuali acquisti in DVD bisogna rivolgersi alle poche versioni import, in quanto il film è inedito in Italia.
Titolo: The Bat
Produzione: USA (1926), b/n, muto, 86 minuti
Regia: Roland West
Cast: Emily Fitzroy, Jack Pickford, Louise Fazenda, Jewel Carmen


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domenica 17 aprile 2016

Faust (1926)



Il demone Mefisto scommette con l’Arcangelo Gabriele di riuscire a corrompere l’anima del dottor Faust, un vecchio alchimista, per rivelare la vera natura dell’uomo; in cambio otterrà il dominio sulla Terra. Mefisto scatena un’epidemia di peste nel villaggio di Faust, che accetta, in prova, il patto con il diavolo, dapprima con l’intento di debellare la malattia e poi per la tentazione della giovinezza e dei piaceri che questa porta con sé, che l’alchimista non ha mai provato. Faust finisce così per cedere definitivamente la sua anima a Mefisto, ma il suo amore per la bella e giovane Gretchen complicherà le cose.

Il mito del Faust affonda le sue origini nel XVI secolo. Una leggenda tedesca narra di uno studioso di scienze naturali (che pare essere storicamente esistito), che strinse un patto con il Maligno, cedendogli l’anima in cambio della possibilità di arricchire la sua inarrestabile sete di conoscenza. La storia parte da un libro scritto, con chiari intenti moralizzanti, da Johann Spies, a fine ‘500, viaggia poi, tra racconti, romanzi e rappresentazioni teatrali, lungo tutta l’Europa, arricchendosi di numerose varianti. Ce ne parla tra i primi il drammaturgo inglese Christopher Marlowe, ma è con J.W.Goethe che la leggenda raggiunge la sua più grande popolarità,  grazie alla dimensione romantica in cui la immerge lo scrittore tedesco, che, per la prima volta, ne crea una versione a lieto fine. Un mito di tale importanza, sul cui sfondo si staglia l’eterna lotta tra il Bene e il Male, non poteva ovviamente restare indifferente al mondo del cinema: ci pensò già “papà” Méliès nel 1903 a cui seguirono, negli anni successivi, alcuni cortometraggi omonimi. Debiti evidenti se ne rintracciano, poi, nelle 2 versioni dello Studente di Praga di cui abbiamo già parlato. E’ però Murnau a realizzarne nel 1926 una versione, per così dire, “definitiva”.
Il Faust fu, tra l’altro, l’ultimo film che Murnau girò nella sua terra natale, prima di trasferirsi a Hollywood. Quello che impressiona maggiormente della sua trasposizione, al di là delle evidenti implicazioni socio-morali, in qualche modo anticipatorie del futuro avvento del Nazismo, è lo stupefacente e massiccio utilizzo di effetti speciali, che il cineasta tedesco dimostra di saper padroneggiare con la consueta maestria. In particolare è la prima parte della pellicola a lasciare a bocca aperta, dall’avvento dei quattro Cavalieri dell’Apocalisse fino alla figura nera  e gigantesca di Mefisto che domina minacciosa, dispiegando le sue ali nere sul piccolo villaggio, prima di scatenarvi l’epidemia pestilenziale; ma anche il resto del film non si risparmia, tra continue innovazioni e sperimentazioni, impreziosite dalla straordinaria fotografia di Carl Hoffman (che sostituì il designato Karl Freund), sino allo struggente ed epico finale, che rimanda da vicino a quello della Passione di Giovanna d’Arco che C.T. Dreyer girerà pochi anni dopo. Impressionanti i giochi di luce e ombra che simboleggiano anche lo scontro tra Spirito e Materia, Bene e Male, Amore (che tutto vince) e Morte. Come sempre ottime le scenografie anche se qui l’espressionismo è ormai diluito e virato prepotentemente al realismo. Vero mattatore è Mefisto, interpretato da un gigioneggiante Emil Jannings, divenuto all’epoca attore “feticcio” di Murnau; il demone mette davvero lo zampino in ogni cosa, tentando, spaventando e uccidendo, ma all’occorrenza anche divertendo, con alcuni siparietti che stemperano la crudezza della seconda parte della vicenda. Quest’ultima si svolge, in inverno, sotto la neve che cade incessante e vede la povera Gretchen (a cui presta il volto la bellissima e brava Camilla Horn), ormai abbandonata da tutti e costretta a vivere, da reietta, all’addiaccio, perdere il proprio figlio, nato dal tragico rapporto con Faust, a causa della morsa del gelo; inoltre, al culmine di una spirale di crudeltà umana che non ha eguali forse neppure nel Diavolo, viene pure accusata e condannata a morte per infanticidio.

Un’opera maestosa, sconvolgente ma anche commovente, tra le migliori tra quelle (purtroppo poche) sopravvissute della cinematografia di Murnau.


Reperibilità: Più che buona. Esistono svariate edizioni in DVD/Blue Ray, non ultima una deluxe a doppio disco della Kino, a prezzo accessibile. In rete si trova anche una versione con didascalie in italiano, ma non mi pare sia attualmente in commercio. E’ liberamente visionabile su Youtube

Titolo: Faust- Eine deutsche Volssage
Produzione: Germania (1926), b/n, muto, 116 minuti
Regia: F.W. Murnau
Cast: Emil Jannings, Gosta Ekman, Camilla Horn, Frida Richard