Allacciamo le cinture e partiamo
per un nuovo viaggio tra gli altri film dell’annata. Questa volta tocca
all’interlocutorio e poco prolifico 1930, che precede invece uno degli anni più
importanti nella storia del cinema horror. Dopo The Bat Whispers, cominciamo parlando di un altro remake, The Cat Creeps, rifacimento sonoro de Il Castello degli Spettri di Paul Leni,
nel frattempo passato purtroppo a miglior vita. L’operazione, sempre
patrocinata da Universal, vide quindi una sostituzione in cabina di regia, con
il duo formato da Rupert Julian (già autore dell’ottimo Fantasma dell’opera) e John Willard. Anche in questo caso plot
identico e cast completamente rinnovato, ma del film non sappiamo altro perché
purtroppo perduto, salvo qualche clip successivamente implementata nel cortometraggio
Boo (1932) sempre prodotto da Universal Picture.
Persa è anche La Voluntad del Muerto, versione in
lingua spagnola del remake, con relativo cast ad hoc e condivisione degli
stessi set, diretta da George Melford; Melford divenne specialista di questo
tipo di operazioni multi-produzione di film in lingua straniera che erano in
voga a Hollywood in quegli anni per favorirne la distribuzione anche in paesi
non anglosassoni (ne parleremo a proposito di Dracula).
Ci spostiamo ora in Europa, precisamente in Germania, per
parlare sempre di un remake, Alraune-La
Figlia del Male (Alraune),
rifacimento sonoro di La Mandragora, ad
opera dell’attivissimo Richard Oswald che ripropone l’affascinante Brigitte
Helm come protagonista, ma perde il grande Paul Wegener (rimpiazzato comunque degnamente
dal bravo Albert Basserman) come antagonista nei panni del cinico professor Ten
Brinken. La trama si discosta in parte dall’originale girato da Henrik Galeen,
spingendo maggiormente sulla sensualità di Alraune, ragazza nata da un
antesignano esperimento genetico e sulle sue capacità seduttive nei confronti
degli uomini, trattati alla stregua di giocattoli; vendetta spietata e tragico
finale non bastano però ad annoverarlo tra i titoli genuinamente horror.
Concludiamo questa brevissima carrellata parlando di un altro film perduto, di
cui restano solo alcuni screenshot e il materiale pubblicitario, che potrebbe
essere considerato il primo rudimentale esempio di mockumentary. Si tratta di Ingagi, diretto dall’americano William
Campbell che lo presentò al cinema come un vero e proprio documentario in cui
un gruppo di esploratori britannici, guidati da tal Sir Hubert Winstead (mai
esistito), si inoltrava in una foresta del Congo per incontrare una tribù di
selvaggi dedita a sacrificare giovani donne a un gruppo di gorilla. In realtà
il film era stato girato a Los Angeles, in parte in studio, in parte allo zoo
della città, usando attori afroamericani e integrandovi, abusivamente, parti di
un vero documentario girato anni prima. Quando la verità venne alla luce, grazie
a uno spettatore che riconobbe un’attrice di sua conoscenza tra i presunti
indigeni e a un detective privato che scoprì il resto della “truffa”, i
produttori furono costretti a risarcire gli autori del documentario originale. Ingagi riscosse comunque un buon
successo, anche dopo la scoperta della sua non autenticità, grazie soprattutto
a una veemente campagna pubblicitaria e allo scalpore suscitato da una sequenza
in cui una vergine seminuda veniva sacrificata a un gorilla. Proprio questa
scena, unitamente a una reclame che prometteva nudità, violenza, lasciando
intendere anche che l’offerta delle donne ai giganteschi primati (rigorosamente
falsi) avesse implicazioni sessuali, fanno di Ingagi anche uno dei primi esempi di film d’exploitation. Sono
moltissimi, inoltre, a vederci un’evidente fonte di ispirazione per il
successivo e ben più noto King Kong. Nel
1940 venne realizzato una pellicola dal
titolo Son of Ingagi, reputata erroneamente un sequel e che in realtà non ha
alcun legame con il finto documentario di Campbell.
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