giovedì 10 settembre 2015

Murnau, i capolavori perduti (2° parte): Il Ragazzo in Blu e Satana




Facciamo un piccolo passo indietro. La sfortuna, infatti, ha perseguitato l’eredità cinematografica di Murnau già dal 1919, anno del suo lungometraggio d’esordio, Il ragazzo in blu (Der Knabe in blau) andato perduto irrimediabilmente (a parte 35 piccoli frammenti conservati dalla Deutsche Kinemathek). Questo primo film, il cui titolo è ispirato all’omonimo dipinto di Thomas Gainsborough ma è conosciuto anche come Der Todessmaragd (Lo Smeraldo della Morte), raccontava di un castello in cui aleggia un’antica maledizione, legata appunto a uno smeraldo portatore di sventura agli antenati del protagonista, ultimo discendente di un’antica famiglia nobiliare caduta in disgrazia. 
Condannata all’oblio anche la pellicola successiva, Satana (Satanas), composta da 3 episodi ambientati in epoche differenti. Operazione che ricorda quella già sperimentata quasi un decennio prima dal nostrano Luigi Maggi (ne abbiamo accennato qui) e che verrà ripresa un anno dopo da C.T. Dreyer con il suo Pagine dal libro di Satana (di cui avremo modo di parlare tra qualche tempo), senza dimenticare la probabile influenza esercitata da Intolerance di D.W. Griffith (ma qui usciamo dal seminato). La prima parte, “Il Tiranno”, era ambientata nell’Antico Egitto, dove si intrecciavano amori e tradimenti alla corte del faraone Amenhotep; la seconda, “Il Principe”, era liberamente tratta dal dramma Lucrezia Borgia di Victor Hugo; l’ultima, “Il Conquistatore”, raccontava invece di un giovane poeta di Zurigo, Hans, che dopo aver conosciuto un rivoluzionario russo di nome Grodski, si fa influenzare dagli ideali di questi fino a scegliere di condannare a morte la sua fidanzata, sacrificando l’amore per il potere.
Filo conduttore di tutta l’opera è ovviamente Satana, nascosto sotto le mentite spoglie di uno dei personaggi per poi rivelarsi alla fine di ogni episodio, interpretato da Conrad Veidt, (menzionato già parecchie volte su queste pagine) che avrebbe avuto ancora modo di lavorare con Murnau, come abbiamo visto. La recitazione di Veidt fu tra i pregi che la critica dell’epoca attribuì al film, insieme alla sceneggiatura di Robert Wiene (altro nome ricorrente su questi lidi), ai costumi, all’atmosfera e alla fotografia di Karl Freund, oltre ovviamente alla regia. Purtroppo di tutto ciò non resta che una minuscola scena de “Il Tiranno”, miracolosamente sopravvissuta, un minuto scarso non privo di erotismo come potete ammirare qui sotto:



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