lunedì 21 settembre 2015

Il Carretto Fantasma (1921)



“Secondo un’antica leggenda scandinava, l’ultima persona che muore appena prima dello scoccare della mezzanotte del 31 dicembre è incaricato, per tutto l’anno successivo, di condurre il carro su cui, per ordine della Morte, vengono trasportate le anime dei trapassati. L’ingrato compito tocca a David Holm, malato di tubercolosi, alcolista autodistruttivo e peccatore impenitente con un passato da galeotto e un presente violento verso la moglie, perito a seguito di una rissa”.


L’importanza e l’influenza artistica del Carretto Fantasma sono probabilmente incalcolabili. Il cinema scandinavo gli è debitore, Bergman in particolare ma non solo; penso ad esempio a quanto il personaggio di Edith con la sua bontà e fede smisurati assomigli a quello di Beth delle Onde del Destino di Lars Von Trier. L’imprevisto successo internazionale della pellicola ne sparse poi i semi non solo nel resto d’Europa, ma anche negli Stati Uniti, spalancando al regista le porte di Hollywood e facendo germogliare insospettabili frutti anche molti anni dopo; su tutti da ricordare Stanley Kubrick, che in Shining replicò, omaggiandola, la scena della porta abbattuta a colpi d’ascia dal marito mentre la moglie cerca di mettersi in fuga. Sjöström, come poi Nicholson, fu bravissimo a dare corpo e volto all’odioso protagonista. Ma i suoi meriti non si arrestano certo alla recitazione, anzi. Partendo dalla trasposizione dell’omonimo romanzo di Selma Lagerlöf, nella cui trama risiedono evidenti elementi dickensiani, il regista seppe realizzare un fortunato connubio tra le influenze dell’espressionismo tedesco (la propensione per il macabro e il surreale, le atmosfere) e quelle realiste tipiche del cinema svedese, riscontrabili anche nella caratterizzazione dei personaggi (tra cui spicca quella, tormentata, della moglie di Holm magistralmente interpretata da Hilda Borgström). Forte è il messaggio moralizzatore lanciato, se pur attraverso il filtro di una religiosità quasi ingenua a rappresentare l’ancora di salvezza, che dipinge una società fredda e ingrata in cui la dignità umana si disgrega, rendendo le persone vittime o carnefici, divise dalla brutalità, accumunate dalla follia.
Al di là del rigore formale e del sottotesto, quello che stupisce davvero del film è innanzitutto la modernità del linguaggio cinematografico. Sjöström opta per un tipo di narrazione tutt’altro che lineare, facendo ampio uso di flashback (e di flashback nel flashback) che sovrappongono in continuazione i piani cronologici della vicenda. E stupiscono poi gli innovativi effetti speciali che rappresentano l’evoluzione ultima della multi-esposizione inventata oltre un ventennio prima da Méliès; incredibile l’illusione quasi tridimensionale dei fantasmi e del lugubre carretto che all’epoca non aveva eguali né simili e che certamente lasciò gli spettatori a bocca aperta, regalando loro un brivido di soprannaturale all’interno di uno straordinario poetico racconto di degradazione e redenzione. Tra le scene più suggestive, da menzionare obbligatoriamente quella in cui l’anima di Holm cerca di rifugiarsi nel suo corpo ormai esanime.
E’ un peccato che questa sia un’opera meno conosciuta e celebrata di altre dello stesso periodo, perché non v’è dubbio che, con la sua portata innovativa, costituisca un tassello imprescindibile nella storia del cinema muto e oltre.

Reperibilità: Ottima. Liberamente visionabile su Youtube. In DVD si trova facilmente l’edizione italiana della Ermitage a prezzi stracciati. Ci sono anche parecchie edizioni straniere per tutti i gusti, anche in Blu-Ray. 

Titolo: Körkarlen
Produzione: Svezia (1921), b/n, muto, 93 minuti
Regia: Victor Sjöström
Cast: Victor Sjöström, Astrid Holm, Tore Svennberg, Hilda Borgström

In coda vi lascio con un video che mette a confronto le due versioni (Sjöström vs Kubrick) della famosa scena dell'ascia.

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