Al di là del Carretto Fantasma, l’annata 1921 ci ha lasciato ben poco altro di
intatto. C’è però una manciata di pellicole che, per motivi diversi, mi
sembravano meritevoli di segnalazione. La prima di queste è Il Castello di Vogelod (Schloß Vogelöd), uno
dei lavori sopravvissuti di F.W. Murnau, che in realtà è un giallo-poliziesco,
anche sorprendentemente piuttosto classico; ma, in una scena, uno dei personaggi
minori ha un incubo notturno in cui sogna di essere ghermito da un’enorme mano
ferina mentre si trova a letto. E’ indubbio che lo spaventoso braccio che
appare dalla finestra sia un’anticipazione della figura del Conte Orlok che, l’anno
successivo, diventerà un’icona del cinema in assoluto nel capolavoro Nosferatu il vampiro.
Altro film di
interesse è il danese Pagine dal libro di
Satana (Blade af Satans Bog) di Carl Theodor Dreyer, altro regista
destinato a lasciare, qualche tempo dopo, un segno indelebile nella storia dell’horror
su celluloide. Qui siamo su altri lidi: dramma morale a episodi ambientati in
epoche differenti e chiaramente ispirato a Intolerance,
il kolossal girato 5 anni prima da D.W. Griffith, un esperimento su cui si
erano già cimentati Murnau e il nostrano Luigi Maggi (le cui rispettive opere,
come abbiamo già avuto modo di dire tempo fa,
risultano irrimediabilmente perdute). Del film di Dreyer non è tanto il
Diavolo, qui interpretato da Helge Nissen alla sua prima e unica esperienza
cinematografica prima di morire suicida nel 1926, a interessarci, ma il secondo atto, quello storicamente collocato nel periodo dell’Inquisizione Spagnola.
Le tentazioni e i dilemmi del religioso protagonista, la figura di
Satana-Grande Inquisitore, gli incappucciati e la camera delle torture sono gli
elementi per cui consiglio di recuperare l’episodio, tranquillamente fruibile
anche fuori contesto.
Nel nostro ipotetico viaggio ci spostiamo ora in Italia
per parlare de Il mostro di Frankenstein di
Eugenio Testa, film di cui purtroppo non è rimasto altro che una singola foto
di scena, oltre a qualche locandina promozionale. Perdita importante perché si
tratta di uno dei primissimi horror prodotti nel nostro paese, anche se l’attribuzione
al genere è da prendere con le pinze; nel cast come protagonista è infatti accreditato
l’attore (con un passato da artista circense) Luciano Albertini, noto
soprattutto per aver interpretato la parte di Sansone in una lunga serie di
pellicole di cui potrebbe far parte anche quest’ennesima versione del “Frankenstein”
di Mary Shelley. Qualcuno ipotizza vi fosse un’improbabile commistione di
elementi peplum e horror (derivati dal romanzo originale), ma la scarsità di
informazioni affidabili impedisce di poter trarre qualunque conclusione. Certo
è che anche l’attore che interpretava la creatura, Umberto Guarracino, legò il
suo nome al sottogenere peplum e in particolare alle saghe di Sansone e
Maciste.
Infine dedichiamo qualche breve cenno a due parodie. In verità l’intento
comico all’interno di una finta cornice paurosa non era certo una novità
assoluta, essendo già presente e pulsante nei primi cortometraggi realizzati da
Georges Mèliés; a distanza di oltre un ventennio, però, le intenzioni dei film
di cui ci apprestiamo a parlare appaiono più definite e consapevoli. Restiamo nel
nostro Paese (la produzione è italiana) per parlare del primo, L’uomo Meccanico, scritto, diretto e
interpretato dal francese André Deed, da noi meglio conosciuto come “Cretinetti”.
Nel calderone orchestrato da Deed, che racconta la storia di un robot controllabile
a distanza rubato e usato a scopi criminali da una banda di fuorilegge,
finiscono in maniera abbastanza ingenua fantascienza, horror e commedia; nei 25
minuti (circa) sopravvissuti dell’opera spiccano la fuga dal carcere di Mado
(la capo-banda) e la sfida tra i 2 robot (uno “buono”, l’altro “cattivo”).
Ci
spostiamo infine negli Stati Uniti per l’ultimo titolo della rassegna, La casa dei fantasmi (The Haunted House) cortometraggio
interpretato da una delle più grandi star del cinema muto, Buster Keaton, e
diretto dallo stesso Keaton in collaborazione con Edward F. Cline. La trama
vede un impiegato di banca che, dopo essere stato rapinato, finisce nel rifugio
dei banditi, una casa che fanno credere stregata per tenere lontana l’attenzione
della gente. Il tema diverrà a suo modo un classico e malgrado i trucchi abbastanza
elementari (anche se si fa apprezzare la scena in cui due banditi vestiti da
scheletri “ricostruiscono” un uomo a pezzi) il corto diverte non poco grazie
alla recitazione sopra le righe di Keaton.