Il famoso illusionista e ipnotizzatore Erik
“The Great” è innamorato della sua giovane assistente Julie. Un giorno, nella
sua camera d’albergo, sorprende Mark, ladro vagabondo, intento a rubargli del
cibo. Invece di denunciarlo, fa del ragazzo il suo nuovo protetto. Julie, però,
finisce con l’innamorarsi segretamente proprio di Mark, facendo esplodere la
gelosia e l’ira di Erik.
Altro one man show di Conrad Veidt in questa
produzione targata Universal, distribuita nei cinema statunitensi nel 1929, con
l’ungherese Pàl Fejos al timone della regia. Senza l’apporto fondamentale di
Veidt, si tratterebbe di un convenzionale dramma che mette in scena un banale triangolo amoroso destinato a far scattare la molla di una terribile
vendetta nella mente dell’innamorato deluso. Veidt, in trasferta americana, ci
regala ancora una volta una figura tormentata, un uomo ossessionato dalla mania
del controllo (anche ipnotico) e dall’ansia di possedere ogni cosa, compresa la
sua giovane assistente; come sempre è bravissimo nel rappresentare al meglio,
sia con le espressioni facciali che coi movimenti del corpo, tutta la gamma di
sentimenti negativi che scuotono, in questo caso, il collerico illusionista. Strepitoso,
ad inizio film, nella scena dell’ipnosi, con primo piano sparato sui suoi occhi
allucinati (e pesantemente truccati in stile espressionista) e nel finale, con
la replica del numero del baule infilzato dalle spade e la disperata
confessione. Rimangono decisamente in secondo (se non in terzo) piano gli altri
interpreti, compresa la protagonista femminile Mary Philbin, già oggetto suo malgrado di una disputa
amorosa dai risvolti tragici nel Fantasma
dell’Opera di Rupert Julian, che dividerà ancora il set con Veidt ne L’uomo che ride (1928) di Paul Leni.
Anche il personaggio di Mark finisce con il risultare monodimensionale, mentre
riesce a farsi notare Leslie Fenton, nonostante lo scarso minutaggio a
disposizione, nei panni dell’invidioso assistente Buffo.
La regia di Fejos, che
sbarcato da poco nel Nuovo Continente aveva già a curriculum un paio di successi
al botteghino, è piuttosto misurata, anche se alcuni guizzi notevoli riesce a
metterli a segno, nel già citato roboante incipit, con la prima performance di
Erik il Grande e con la sequenza che vede l’ombra di quest’ultimo incombere sui
due amanti. Interessante e per nulla stucchevole l’uso insistito di primi piani
e zoomate (come la carrellata sul tavolo in occasione della festa per Julie).
Nella cinematografia di Fejos questa viene comunque reputata un’opera minore
rispetto ai suoi lavori più celebrati, Primo
Amore e Broadway. In effetti la
storia scivola via troppo in fretta per lasciare il segno, quasi fosse un
cortometraggio; di meritevole rimane l’ennesima, eccezionale e fortunatamente
non ultima, performance di Conrad Veidt. Inquietante e suggestiva la
scenografia con le maschere di ceramica appese al muro.
Curiosità: la
pellicola venne distribuita in due versioni, una muta e l’altra (di poco
successiva) sonora. Di quest’ultima non risultano copie esistenti al momento. Si dice, peraltro, ma conferma non c'è, che Bela Lugosi doppiò Veidt nell’edizione ungherese.
Reperibilità: Sufficiente. Il
film, a quanto mi risulta, è inedito da noi, anche se il dizionario Larousse
del cinema americano lo riporta con il titolo italiano Erik il grande (non ho rinvenuto ulteriori notizie). E’ reperibile
in DVD e Blu Ray import come bonus nell’edizione della Criterion Collection di Lonesome (Primo
Amore), l’opera più nota di Fejos. Su Youtube è liberamente visionabile ma
con intertitoli in danese!
Titolo: The Last Performance
Produzione:
USA (1927), b/n, muto, 60 minuti
Regia: Pàl Fejos
Cast: Conrad Veidt, Mary Philbin, Leslie Fenton,
Fred MacKaye
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