“Francis narra a un uomo la storia del Dottor Caligari, un sinistro
imbonitore che anni prima si recò con il suo carrozzone alla fiera della cittadina
di Holstenwall per presentare la sua attrazione: Cesare, un sonnambulo in grado,
a suo dire, di predire il futuro. Proprio un amico di Francis, Alan, fu il
primo a sperimentare la capacità di vaticinio di Cesare: una sentenza di morte
che puntualmente verificatasi, divenne il primo di una serie di fatti di sangue
che tormentarono il piccolo borgo.”
Manifesto e capolavoro assoluto
del cinema espressionista tedesco. Un giudizio incontestabile che descrive esattamente cos’è Il Gabinetto
del Dottor Caligari. Che è anche il vero progenitore del genere horror, con
buona pace delle produzioni precedenti, in quanto tale di importanza seminale
nell’aver influenzato, con immagini, temi e personaggi, prima i contemporanei registi
d’oltreoceano, quali Browning o Whale (che pure sapranno scrivere pagine
importanti nella storia del genere), e poi anche le generazioni successive (un
nome su tutti: Tim Burton). E’ film incredibilmente moderno per i tempi, un
precursore, capace di stupire in tal senso sia attraverso l’uso del flashback
(nel flashback), sia nel sorprendente finale capace di ribaltare le premesse e
la prospettiva dello spettatore.
Al di là dell’ottima sceneggiatura firmata
dalla coppia Janowitz-Mayer (ma ritoccata dal produttore Erich Pommer con l’inserimento
della cornice ambientata in manicomio), quello che stupisce più di tutto è l’estetica
della pellicola. In primis la scenografia, fatta di pindarici fondali dipinti a
mano dai pittori Warm, Rohrig e Reimann che disegnano ombre, oggetti deformati,
stradine sinuose e li assemblano, con audace assenza di prospettiva, in un’improbabile
disegno geometrico totalmente folle, distorto, minaccioso, claustrofobico.
Fondamentale poi il pesante trucco degli attori, partendo da Conrad Veidt nell’indimenticabile
ruolo di Cesare, uno zombie mostro-vittima antesignano del Frankenstein
cinematografico, per arrivare all’eccellente Werner Krauss, che tra costume,
make up e recitazione sopra le righe, ci regala un Caligari diabolico e
spaventoso. Completano l’opera montaggio, inquadrature e sovrimpressioni che,
facendo propria e anzi affinando la lezione di Melies, precipitano lo spettatore in
un mondo irreale, senza speranza, un incubo simbolo della pazzia del
protagonista e probabile metafora sociologica dell’epoca.
In 3 parole: innovativo, avanguardista,
imprescindibile.
Curiosità: Il film avrebbe dovuto
essere diretto da Fritz Lang che, in altre faccende affaccendato, preferì
passare il comando delle operazioni a Wiene che si trovo così, per caso, tra le
mani, il film che lo avrebbe consegnato alla Storia.
Reperibilità: Ottima per le edizioni DVD estere. L’unica nostrana
a offrire i sottotitoli italiani dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) essere
quella della Ermitage, ormai fuori catalogo.
Titolo: Das
Kabinett des Doktor Caligari
Produzione:
Germania (1920), b/n, muto, 71 minuti
Regia: Robert Wiene
Cast: Conrad Veidt, Werner Krauss, Friedrich Feher,
Lil Dagover
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