“L’anziana contessa Alba D’Oltrevita stipula un patto con il satanico
Mefisto per riottenere la giovinezza perduta, in cambio della quale rinuncia
per sempre a innamorarsi. La promessa, però, viene messa a rischio dai
corteggiamenti di due fratelli: Tristano e Sergio. Quest’ultimo arriva a
minacciare di suicidarsi se Alba non lo amerà.”
Ispirato a un poema di Fausto
Maria Martini di evidente derivazione faustiana, “Rapsodia Satanica” è l’ultimo
film del giovanissimo regista Nino Oxilia, tragicamente perito nel corso del
primo conflitto mondiale a seguito dell’esplosione di una granata durante la
difesa del Monte Grappa. Se il tema del patto con il diavolo (o chi per esso) è
comune a molte coeve produzioni dell’epoca (una per tutte, “Lo studente di
Praga”), atipica è l’atmosfera malinconica di cui la pellicola è intrisa nel
prologo e soprattutto nella parte finale. C’è chi ha parlato di influenza “dannunziana”,
ma è in particolare alla corrente letteraria del crepuscolarismo, di cui gli
stessi Martini e Oxilia erano esponenti, che si devono le più pregnanti suggestioni
dell’opera. L’esasperato estetismo delle passioni, la parabola decadente della
nobiltà, il languore di una perenne insoddisfazione emotiva, i simbolismi sono
tutti elementi di cui il film trasuda, trovando il perfetto complemento nelle
location, nell’accompagnamento musicale di Mascagni (forse definibile come
prima vera e propria colonna sonora) e soprattutto nella recitazione di Lyda Borelli,
diva del muto italiano, nei panni della contessa.
La Borelli riesce a essere credibile tanto come femme fatale, quando, passando da un ricevimento all’altro, è costretta suo malgrado a rinunciare alle avance dei corteggiatori, quanto come donna capace di abbandonarsi totalmente all’amore, quando si rende conto dei sentimenti che prova per Tristano. E’ nel finale, però, che la sua recitazione e la vicenda raggiungono le vette più alte, quando avvolta in un velo nuziale che ricorda un tetro sudario, danza sulle note di una rapsodia come una figura quasi eterea, anticipando l’imminente tragica conclusione. Tra gli altri attori, indimenticabile il Mefisto di Ugo Bazzini, sia per il make up decisamente efficace, sia per le ripetute incursioni che instillano un pizzico di inquietudine anche nei momenti di calma.
La Borelli riesce a essere credibile tanto come femme fatale, quando, passando da un ricevimento all’altro, è costretta suo malgrado a rinunciare alle avance dei corteggiatori, quanto come donna capace di abbandonarsi totalmente all’amore, quando si rende conto dei sentimenti che prova per Tristano. E’ nel finale, però, che la sua recitazione e la vicenda raggiungono le vette più alte, quando avvolta in un velo nuziale che ricorda un tetro sudario, danza sulle note di una rapsodia come una figura quasi eterea, anticipando l’imminente tragica conclusione. Tra gli altri attori, indimenticabile il Mefisto di Ugo Bazzini, sia per il make up decisamente efficace, sia per le ripetute incursioni che instillano un pizzico di inquietudine anche nei momenti di calma.
In conclusione, un’opera pre-espressionista sorprendente e
poetica che il recente restauro ci ha restituito ottima in qualità di immagini
(e in durata da mediometraggio).
Reperibilità:
non esistono al momento edizioni in DVD, pur essendo stato il film restaurato
in 2 versioni (una delle quali parzialmente a colori). E’ comunque visionabile
su Youtube.
Titolo: Rapsodia
Satanica
Produzione:
Italia (1915), b/n, muto, 55 minuti (circa 45 in versione restaurata)
Regia: Nino
Oxilia
Cast: Lyda
Borelli, Ugo Bazzini, Giovanni Cini, Andrea Habay