Dopo il successo dell’”Inferno”, il
cinema italiano tornò a sfiorare tematiche simili con “Satana – Il dramma dell’umanità” diretto da Luigi Maggi nel 1912 e
oggi purtroppo perduto (rimane un frammento di appena 8 minuti conservato al
National Film and Television Archive di Londra). Il film, dichiaratamente
ispirato ai poemi epici “Paradiso Perduto” di John Milton e “La Messiade” di
Friedrich Gottlieb Klopstock, era però diviso in 4 atti autoconclusivi che
potevano essere proiettati (come avvenne con successo negli Stati Uniti) anche
singolarmente. Gli episodi, ambientati in epoche diverse, narrano di Satana,
della sua lotta con il Creatore e dei suoi tentativi (sempre riusciti) di
tentare e corrompere gli uomini. Al di là degli intenti teologici e morali
dell’opera, l’esiguo materiale fotografico sopravvissuto testimonia che il film
di Maggi avrebbe avuto da offrire pane per i denti di ogni horrofilo.
Altro lungometraggio di cui si
sono perse le tracce è l’austriaco “Trilby”, pellicola a episodi prodotta dalla
neonata Kinofilms e diretta dai 4 fondatori di quest’ultima: i fratelli Luise e
Claude Veltée, Anton Kolm e Jacob Fleck. Ad oggi risulta irreperibile, senza
neppure cenni sulla trama; non ci rimane che un po’ di gossip: Luise Veltèe,
conosciuta per essere la seconda donna regista della storia dopo la francese
Alice Guy, fu moglie prima di Kolm e in seguito di Fleck, suoi soci in affari.
Anche in Scandinavia, a
testimonianza di un fermento che si stava espandendo a macchia d’olio in tutta
Europa, uscirono nello stesso anno alcune opere interessanti, almeno sulla
carta. Si tratta di tre film sui vampiri, i primi in materia dopo "Le Manoir du Diable", di cui, tanto per cambiare, nulla è
sopravvissuto: “Vampyren” produzione svedese diretta da Mauritz Stiller e i
danesi “Vampyr Tanzerinnen” e “Danse Vampiresque” di cui rimangono a
malapena i titoli.
Negli States, invece, erano
sempre le trasposizioni dei classici della letteratura gotica a farla da padrone.
Tra più volte rappresentati il primato va a Robert Louis Stevenson e al suo
celeberrimo romanzo “Lo strano caso del Dottor Jekyll e del Signor Hyde”, un
best seller già all’epoca; una prima trasposizione, andata perduta, risale già al
1908, ad opera di Otis Turner, che utilizzò lo stesso cast di attori di
un’omonima riduzione teatrale andata in scena poco tempo prima, così come
perduta è la versione girata nello stesso anno da Sidney Olcott. Il più vecchio
adattamento americano di “Dr.Jekyll
& Mr. Hyde”, conservatosi fino ad oggi, risulta pertanto essere quello
del 1912 per la regia di Lucius Henderson: trama ovviamente ridotta all’osso
per essere condensata in 12 minuti, ma encomiabile anche qui il trucco
applicato all’attore James Cruze per vestire i panni di Hyde, oltre a quelli
del dottore.
Lunga oltre il doppio l’ennesima versione, uscita l’anno
successivo e diretta questa volta da Herbert Brenon; nonostante il maggior
tempo a disposizione e un cast che poteva contare sulla presenza di un attore
allora famosissimo come King Baggot, la versione di Henderson, più concisa ed
efficace, si lascia preferire sia per il make up, sia per la qualità
complessiva del girato.
Si avvicinava, intanto, l’uscita del
film considerato il precursore del movimento espressionista tedesco che tanto
avrebbe significato anche nel genere horror e fantastico in generale: “Lo Studente di Praga” di cui avremo
modo di parlare a breve.
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