Il nuovo secolo vide l’horror
sbarcare finalmente anche negli Stati Uniti per merito di un regista destinato in
seguito a diventare uno tra i più influenti pionieri cinematografici
d’oltreoceano: Edwin Stanton Porter,
autore in carriera di oltre 250 pellicole. Per la verità il suo esordio risale
al 1898 con l’oggi irreperibile “The
Cavalier’s Dream”, ma è con il suo ingresso nella società di produzione di
Thomas Edison l’anno seguente che ebbe modo di mettersi in luce, seguendo
inizialmente le orme di Méliès, la cui influenza si rivelò preponderante nella
realizzazione di effetti speciali, dissolvenze e tecniche di montaggio. Ce ne
si può rendere conto guardando “Faust and Marguerite” (1900) un
corto di circa un minuto ispirato al “Faust”
di Goethe, che, al di là dei suoi enormi limiti e dei dubbi risultati
qualitativi, riveste l’importanza storica di essere l’horror a stelle e strisce
più vecchio giunto fino a noi, oltre che il primo del ventesimo secolo.
L’interesse per i temi della letteratura
gotica e fantastica caratterizzò il lavoro di altri connazionali di Porter. Ispirato
al racconto “Il barile di Amontillado”
di Edgar Allan Poe (e alla novella “La Grande Bretèche” di Balzac), è “The
Sealed Room” (1909) di David W. Griffith;
trattasi di un cortometraggio di 11 minuti, decisamente più strutturato
rispetto ai precedenti esperimenti fin qui analizzati: una trama vera e propria
(la vendetta di un re ai danni della sua favorita e del di lei amante),
un’immagine più ferma e nitida, un maggior numero di comparse e finalmente più
di una location. I risultati rimangono modesti, ma il progresso è tangibile.
Dal
novero delle fonti di ispirazione non poteva mancare Mary Shelley. Il primo “Frankenstein”(1910) cinematografico della storia è una libera trasposizione, scritta e diretta da James Searle Dawley, che può vantare una suggestiva scena
dell’esperimento del Barone (una sorta di rituale alchemico in cui il Mostro
prende forma da una massa fumante e scheletrica) e un interessante make-up
della creatura interpretata dal caratterista Charles Ogle che costituirà, a suo
modo, un modello per le successive incarnazioni. Anche Quasimodo, il deforme gobbo
campanaro del romanzo “Notre-Dame de
Paris” di Victor Hugo fu protagonista di numerosi cortometraggi, prodotti non
solo negli Stati Uniti, sebbene più drammatici che spaventosi.
Nel frattempo l’Europa non stava
a guardare. Il solito Méliès continuava la sua instancabile produzione, anche
se si avvicinava l'imprevedibile prematuro declino culminato con la
bancarotta della sua società cinematografica nel 1913. Da ricordare, di
quest’ultimo ancora fortunato periodo, “Le Chaudron Infernal” per una
curiosità recente. Il regista francese aveva realizzato due negativi della
pellicola, una per il mercato interno e l’altra per quello estero, al fine
di arginare le ripetute azioni di pirateria ai suoi danni da parte dei
produttori americani; questo ha permesso pochi anni fa di realizzarne, grazie
all’interesse della casa di produzione transalpina Lobster Films, addirittura una
versione 3D mediante la semplice combinazione delle due versioni.
I tempi comunque sembravano ormai
maturi per la realizzazione del primo lungometraggio orrorifico. Certezza su
quale sia stato il primo non sussiste. Sono parecchie le pellicole che, per i più
svariati motivi, sono andate perdute nel corso del tempo e su alcune di esse
non è possibile reperire alcuna informazione. Il primato però potrebbe essere
tutto italiano e risalire già al 1911 con l’uscita di “L’inferno”, diretto dal
trio De Liguoro-Bertolini-Padovan, vero e proprio kolossal pensato come
trasposizione della prima cantica della Divina Commedia di Dante Alighieri.
Avrò modo di approfondire in un’apposita recensione.
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