Torniamo in
Nord Europa, precisamente in Danimarca, anche se il film è prodotto con moneta
svedese. Ho scelto di eliminare la sinossi in quest’unico caso perché Häxan è
un’opera talmente particolare che è impossibile trattarla come le altre. Nasce
come documentario, con una prima parte essenzialmente didascalica e
introduttiva che propone una serie di incisioni, immagini e animazioni per
raccontare come il demonio e la superstizione abbiano fatto parte della cultura
umana fin dalla nascita delle prime civiltà. Si passa poi al MedioEvo e alle
incursioni peccaminose di Satana. Ma è con la terza delle 7 parti in cui il
film è diviso che il regista Benjamin Christensen inizia a esporci davvero la
sua tesi relativa alla stregoneria sulla quale incide pesantemente il giudizio sullo
sfruttamento delle credenze popolari e sui barbari sistemi di tortura
utilizzati dall’Inquisizione. Una critica rivolta alla Chiesa in maniera del
tutto esplicita, con una rappresentazione dei religiosi protagonisti della main story del film come uomini turpi
tanto nell’animo quanto nel corpo. Nel finale, spostato cronologicamente avanti
fino all’era (allora) attuale, Christensen chiude il discorso, tracciando un
parallelismo tra stregoneria e isteria e sostenendo, tra le righe, che nulla è
cambiato nei secoli trascorsi. La pellicola fonde insieme, dunque, proprio come
un gigantesco calderone, fiction,
exploitation e finto documentario in stile mondo-movie
in una simbiosi allucinante e stupefacente. Addirittura si potrebbe parlare
di un arcaico precursore di questi sotto-generi in cui realtà e finzione si
mescolano, anche perché in Häxan sono le immagini, forti, shockanti, deliranti
a prevalere nettamente sul messaggio. A dispetto dell’incipit storiografico,
Christensen mostra un’imprevedibile talento visionario, per eccesso quasi senza
pari e capace di influenzare anche cineasti moderni come Ken Russell o Rob
Zombie (le cui Streghe di Salem
qualche debito con questo film lo scontano).
Tra le prime scene a lasciare a
bocca aperta, considerati i mezzi dell’epoca, c’è quella delle streghe che si
librano in volo a cavallo delle loro scope, realizzata per mezzo di un modellino
di un paese fatto girare su un enorme tavolo rotante, un motore di aereo per
simulare lo svolazzamento dei costumi e l’ottima sovrapposizione creata dal
direttore della fotografia Johan Ankerstjerne. Inventiva e ampio budget, non a
caso fu il film più costoso prodotto in Svezia fino ad allora. Nella terza
parte, con la (falsa) confessione estorta alla donna accusata dagli inquisitori
si scatena un delirio oltre i limiti della blasfemia. Viene rappresentato un
Sabba in cui accade di tutto: streghe che baciano il deretano di Satana, nudità,
accoppiamenti con demoni e satiri, sacrifici di neonati, crocifissi calpestati,
in una composizione orgiastica e sulfurea formalmente riconducibile alle opere di
Gustav Dorè e Hieronymus Bosch. Meno visivamente ricca ma altrettanto
agghiacciante è la sequenza in cui vengono mostrati i terribili strumenti di
tortura utilizzati negli interrogatori alle presunte streghe. C’è spazio anche
per un pizzico di ironia nelle varie incursioni del Diavolo tentatore, capace
di mettere il suo zampino anche all’interno di un convento (una scena che
ricorda il cortometraggio di Mèliés “Le Diable au couvent” di un paio di
decenni prima). E lasciano il segno anche i roghi dell’Inquisizione, immagine
che forse più di tutte esprime l’amarezza e la drammaticità del pensiero di
Christensen.
In conclusione
La Stregoneria attraverso i secoli è
un film, sia a livello tecnico che concettuale, molto avanti rispetto all’epoca
in cui venne girato. Precursore, visionario e genuinamente horror.
Reperibilità: Si può contare su
un’edizione italiana della “solita” Ermitage, a prezzi modici. Le proposte
straniere abbondano di extra, quella più completa è quella della Criterion
Collection che propone le 2 versioni esistenti: quella lunga, “tradizionale”
con colonna sonora composta da brani di musica classica, e quella rieditata (e
più corta di circa mezzora) nel 1968 con voce narrante di William Burroughs e
accompagnamento musicale jazz.
Titolo: Häxan
Produzione:
Svezia (1922), b/n, muto, 104 minuti
Regia: Benjamin Christensen
Cast: Maren Pedersen, Elith Pio, Oscar Stribolt,
Benjamin Christensen
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